La Thalassemia è una malattia ereditaria del sangue trasmessa ai figli da genitori entrambi portatori sani, dovuta ad un difetto di formazione dell’emoglobina.
L’emoglobina, proteina di colore rosso contenuta nei globuli rossi, che ha la funzione di trasporto e scambio di ossigeno e anidride carbonica nell’organismo, non viene prodotta in quantità sufficiente, determinando una riduzione del volume dei globuli rossi nel sangue.
La probabilità che genitori entrambi portatori sani possano trasmettere la malattia al proprio figlio è 1 su 4, ossia una probabilità del 25%.
La thalassemia, conosciuta anche come anemia mediterranea o morbo di Cooley, si riconosce in tre forme principali:
- Minor: è il cosidetto thalassemia-trait ed è la forma tipica dei portatori sani e non richiede generalmente alcuna terapia. Può essere necessario, in caso di patologie concomitanti che dovessero svilupparsi in età avanzata o durante la gravidanza monitorare con cura i valori del ferro;
- Intermedia: è generalmente considerata una forma non-trasfusione dipendente nel senso che le trasfusioni di sangue nella forma intermedia non vengono somministrate a cadenze regolari. Lo spettro delle thalassemie intermedie, tuttavia, è molto ampio e comprende forme lievissime che richiedono raramente cure, forme moderatamente più gravi che necessitano di monitoraggi regolari e il ricorso più frequente alla terapia trasfusionale e forme molto al limite con la forma più grave che vengono gestite esattamente come la thalassemia major con il ricorso a regolari trasfusioni. Sebbene sia definita una forma meno grave rispetto alla forma major la thalassemia intermedia richiede comunque attenzione al sovraccarico di ferro ed ai livelli di emoglobina per evitare l’insorgere di ulteriori complicanze;
- Major, la forma più grave di thalassemia, viene diagnosticata solitamente entro il primo anno di vita (oggi con le diagnosi prenatali è possibile addirittura la diagnosi in utero e la conseguente presa in carico fin dalla nascita), e richiede che i pazienti siano sottoposti ad un regime trasfusionale regolare a partire dalla tenerissima età e una terapia quotidiana per eliminare il ferro in eccesso, dovuto alle trasfusioni, che altrimenti si depositerebbe in organi vitali come il cuore e il fegato causandone il malfunzionamento. Fino a 30 anni fa i pazienti thalassemici avevano un’aspettativa di vita che non superava i 25 anni. L’evoluzione della terapia trasfusionale e della chelazione del ferro, il monitoraggio ed il trattamento delle complicanze ha completamente ribaltato la storia naturale di questa patologia, modificandone il decorso fatale in giovane età verso una condizione ormai compatibile con una lunga sopravvivenza ed una buona qualità di vita. Attualmente sono in corso ulteriori studi che consentiranno ai pazienti di avere nuovi farmaci in grado di ridurre il fabbisogno trasfusionale e terapie geniche in grado di guarire definitivamente la talassemia.
Le regioni italiane più colpite da questa patologia sono la Sicilia e la Sardegna, il delta del Po e le regioni meridionali. Il numero stimato dei pazienti thalassemici è di circa 7000 concentrato nelle regioni menzionate sopra e nelle grandi città per effetto della migrazione interna degli anni ’50. Il numero stimato dei portatori sani in Italia è di 2.5/3 milioni.
La thalassemia è stata riconosciuta malattia sociale dallo stato italiano nel 1960 e nel 1999 l’Unione Europea l’ha inclusa nell’elenco delle Malattie Rare perché a la sua incidenza a livello europeo è inferiore a 5 casi ogni 10.000 persone (l’attuale incidenza è calcolata a 1:10.000). I pazienti affetti da patologie che rientrano tra le Malattie Rare godono di una serie di agevolazioni che i Governi nazionali riconoscono in forza della normativa europea.
In questo quadro sono estremamente importanti le attività delle Associazioni di volontariato che operano nel settore. L’Associazione Ligure Thalassemici OdV (ALT) ha sede a Genova presso l’ospedale Galliera, sede anche del Centro Microcitemia, anemie congenite e dismetabolismo del ferro.
ALT ha la finalità di fornire un adeguato sostegno ai pazienti ed alle famiglie coinvolte, diffondere informazioni riguardo la patologia, sensibilizzare la popolazione alla donazione del sangue, organizzare convegni, seminari, giornate di sensibilizzazione e sostenere la ricerca scientifica.
Come puoi sapere se sei un portatore sano?
E’ sufficiente eseguire un semplice prelievo di sangue specifico presso un centro specializzato nelle diagnosi e nella cura delle emoglobinopatie.
L’ambulatorio per la prevenzione e la diagnosi è ad accesso diretto, ci si può presentare senza appuntamento, tutti i giorni dal lunedì al venerdì.
Se sei portatore fai eseguire gli esami anche al tuo partner, per affrontare con consapevolezza il futuro di tuo figlio.